Io stessa all’età di 40 anni, ho visto scorrere il tempo come un fiume, senza accorgermi di quanto il mondo ai miei occhi stava ed è cambiato.
L’accesso alla potenza tecnologica ha creato un ponte di informazioni che ha quasi disorientato il mondo stesso, dove da un lato ha dato la possibilità di accedere alle informazioni più remote e dall’altra la stessa possibilità di annientare l’uomo. Una visione che a volte si perde di vista affannandosi a parlare della complessità del nostro tempo e alle minacce su cui tende a concentrare l’attenzione una certa narrazione negativa.
La rivoluzione industriale vera e propria che ebbe luogo in Inghilterra (1780-1840), in cui il processo di sviluppo è dominato dall’introduzione e dalla diffusione della macchina a vapore.
La seconda rivoluzione industriale (1840-1900) è dominata dalla macchina a vapore per usi mobili (per es. navi a vapore). La terza rivoluzione industriale (1900-1950) vede una maggiore varietà di grandi innovazioni: elettricità, motore a scoppio, chimica. Accanto al carbone compaiono l’elettricità e il petrolio. Quella dell’automobile è una delle industrie più dinamiche di questo periodo.
Oggi stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, dominata dall’elettronica, dal trasporto aereo e dall’energia atomica.
Oggi di nuovo c’è l’accelerazione e la diffusione del processo e c’è la crescente integrazione fra invenzioni e innovazioni, è tutto molto più veloce ed è necessario essere allenati ad uno stato di metamorfosi continua.
“L'appartenenza è un'esigenza che si avverte a poco a poco, si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo.“ Giorgio Gaber
Cambiare la natura di un'organizzazione significa cambiare il modo in cui le persone lavorano, sfidando il loro modo di pensare, i processi di lavoro quotidiani e le strategie su cui fanno affidamento.
È cambiato il modo di approcciare il lavoro quotidiano e nel modo di fare le cose, e ne siamo tutti consapevoli, ma molte volte abbiamo fatto resistenza per una questione culturale. Oggi giorno non è più possibile, anche se molti di noi vogliono sperare di poter rimanere nella nostra tanto amata “ zona di comfort”.
Una condizione mentale nella quale la persona vive meglio, provando un senso di familiarità e sentendosi a proprio agio, così facendo la persona ha il pieno controllo della propria situazione perché conosce bene tutto, si sente al sicuro perché vive in “luogo” creato sulla base di esperienze e convinzioni, in cui regnano sicurezze e abitudini e non rischi e pericoli.
La speranza è intimamente legata ai sensi ed è la capacità umana di riunire tutte le nostre forze e di concentrarle per riuscire a raggiungere un obiettivo. La parola speranza deriva dalla radice sanscrita spa-, che significa “tendere verso una meta”. Ed è proprio questo che significa sperare: protenderci verso qualcosa che non possiamo ancora vedere, ma che ci aiuta ad andare avanti.
La speranza ha a che fare con emozioni positive. Quando speriamo in qualcosa, ci sentiamo bene, pieni e motivati. Il nostro sguardo cambia, e così il nostro stato emotivo. Ci sentiamo entusiasti e pieni di energia. È un sentimento che ci rende potenti.
Sono convinta che questa situazione sarà̀ un arricchimento sotto molti punti di visti, non avevo mai vissuto un’esperienza di isolamento che mi avesse fatto percepire in modo così forte che la “socialità̀” è uno dei bisogni primari dell’essere umano, non mi ero mai occupata in modo così stringente della didattica di mia figlia, cercando di organizzare al meglio il nostro tempo a casa; non avevo mai apprezzato così tanto il ritrovare se stessi e meditare.
Crisi è riscoperta e grandi opportunità.
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